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Yeshua

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LA CROCE DI SPINE

Ritorna al capitolo: La vera città del Nazareno- L'inquietante ipotesi- Ricostruzione storica e logica- Giuda Didimo Tommaso ovvero Teuda- Il pensiero paolino tra i due messia- Yeshua ben Panthera o ben Stada- La nascita illegittima

Note al Capitolo 5 (sono presenti le sole note richiamate nelle parti pubblicate)

15) Guerra Giud., IV, 5- 8

 

16) Idem., IV, 1- 83.

 

17) Lc., 4: 16-30. Considerando che a Nazareth non esistono monti o precipizi, a cosa si sarebbe riferito Luca nel verso 4:29 dicendo” sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata” se non ad un’altra città avente tale caratteristica?

 

18) Mc., 3:7 – 4:1.

 

19) Ciò era ben diverso dal “Regno di Dio” in senso biblico-messianico.

 

20) La scoperta del sito avvenne nel 1967, ma soltanto nel 1976 fu avviata una seria campagna di scavi a seguito della quale si ebbe la certezza della corrispondenza del luogo con la città di Gamala, minuziosamente descritta da F. Giuseppe, della quale si era persa ogni traccia.

 

21) Per alcuni tra i più noti studiosi italiani, che negli ultimi tempi hanno pubblicato ricerche orientate ad individuare in Gamala la città del Nazareno, v. nota 1.

 

22) Lc., 22: 59. L’affermazione “è anche lui un Galileo” riferita a Pietro come logica conseguenza del fatto che era stato visto in compagnia di Gesù, rende evidente il senso dell’appartenenza settaria che si presume per chi si accompagna ad un altro accertato militante della medesima fazione. Se non fosse così, bisognerebbe pensare a tutti gli oriundi della Galilea come a ribelli perseguibili in quanto tali!

 

23) Mc., 26: 69.

 

24) Lc., 23: 6.

 

25) F. Giuseppe, Guerra Giud., IV, 558-559.

 

26) Lc., 4:31.

 

63) At., 12: 1-3.

 

64) Ant. Giud. 20: 102.

 

65) At., 12: 7.

 

66) Ant. Giud., 20:200.

 

67) Nello stesso senso cfr. L. Cascioli, La morte di Cristo, cit., pg. 74.

 

68) Idem., XX: 97-99.

 

69) At., 5:36, 37.

 

103) cfr. L. Cascioli, La favola di Cristo, cit.

 

104) 26) D. Donnini, Cristo, una vicenda storica da riscoprire, cit., pg. 195.

 

105) At. 12:1- 2.

 

106) Mt. 20:20; 27:56. La curiosa identificazione avviene soltanto nel Vangelo di Matteo.

 

107) At. 12:12.

 

108) At. 12:24

 

109) At. 15:36- 40.

 

140) Diversamente, gli estensori del Talmud sarebbero stati ben lieti di “fare il verso” anche a questo aspetto che, più di altri, sarebbe stato ritenuto odioso e inaccettabile da parte degli stessi.

 

141) Il passo appare in una parte del Talmud dedicata al Sinedrio: Sanhedrin, 67a.

142) Da difensore della paganità quale fu, anche Celso, così come gli ebrei, aveva i suoi buoni motivi per screditare l’immagine del Soter cristiano.

 

143) Celso, Contro i Cristiani, cit., I:28- 32.

 

144) Idem, pg. 82, nota n. 40 di S. Rizzo.

 

145) Il primo a suggerire il collegamento fra il Panthera di Celso e Tiberius Iulius Abdes Panthera fu Marcello Craveri, La vita di Gesù, Feltrinelli, Milano, 1966, pg. 466.

 

146) Tib(erius) Iul(ius) Abdes Panthera Sidonia ann(orum) LXII  stipen(diorum) XXXX miles exs(ignifer?) coh(orte) I sagittariorum h(ic) s(itus) e(st). La I coorte di arcieri, alla quale, come scritto nell’epigrafe tombale appartenne il soldato Panthera, fu di stanza in Giudea proprio negli anni della presunta nascita di Gesù.

 

147) Giovanni Mansùr, noto come San Giovanni "Damasceno" in quanto originario di Damasco, visse tra la seconda metà del VII e la prima metà dell’VIII secolo d.c. Di famiglia araba ma di fede cristiana, fu un devoto sostenitore non solo della verginità di Maria, ma persino di quella di sua madre Anna. L’opera più nota è il De Fide Orthodoxa ma il suo nome è collegato anche alla ricostruzione della genealogia di Gesù, nel quale Pandera figura appunto come nonno. Nello stesso senso, per quanto detto da Origene nel suo Contro Celso, cfr. R. Calimani, Paolo, cit., pg. 131.

 

148) Tamar era un’adultera, Rahab una prostituta, Rut una moglie ripudiata e Bathsheba era una donna sposata che fu l’amante di Davide.

 

149) Cfr. Toledoth Yeshu.

 

150) cfr. Cap. 6.

162) Celso, Contro i cristiani, cit.

163) Codex vaticanus e Codex Sinaiticus. Il fatto che gli esemplari rinvenuti risalgano, secondo le indagini paleografiche, al IV secolo, non comporta necessariamente che prima del periodo indicato non ne fossero state redatte altre copie. In altre parole, non è la data di compilazione di un reperto ad attestare il momento in cui si iniziò per la prima volta a redigere uno scritto ricorrendo ad una determinata forma (ad esempio la raccolta dei quattro canoni in un unico corpus); anzi, è del tutto improbabile che un determinato esemplare rinvenuto sia il primo di una certa specie, mentre è decisamente possibile che ne sia una delle tante copie successive. Tuttavia, è da presumere quella certa prossimità temporale in base alla quale si può escludere in via deduttiva che un determinato reperto, rimasto unico ad avere una certa forma (per rimanere al caso in questione, si tratta di due reperti entrambi risalenti al IV secolo), possa trovare uno o più precedenti in codici (non rinvenuti) allo stesso sensibilmente antecedenti (ad esempio del II secolo). In base a tale ragionamento si può validamente supporre che, prima del tardo III secolo o dell’inizio del IV, non fosse stata avvertita l’esigenza teologica di raccogliere in un unico corpo i canoni neotestamentari. Non dev’essere un caso se tale esigenza fu avvertita proprio in prossimità del riconoscimento costantiniano e dei grandi concili, con i quali si definì il Credo cristiano e si individuarono tra tante le fonti ufficiali della nuova fede.

164) Il libro di Enoch, del quale sono state rinvenute copie a Qumran, consente di tracciare uno straordinario parallelo tra la sensibilità essena e il pensiero espresso dal Gesù, testimoniato nel Vangelo di Matteo e sintetizzato nelle parole note come “discorso della montagna”: Libro dei segreti di Enoch 42:6- 14: Allora dissi, miei figli, e ora lo dico a voi: "Beato colui che teme il nome del Signore e che servirà per sempre davanti al suo volto e disporrà i doni, offerte di vita e vivrà la vita e morirà. Beato colui che farà un giudizio giusto, (che) vestirà l'ignudo con la (sua) veste e all'affamato darà pane.  Beato chi giudicherà con un giudizio giusto l'orfano e la vedova e aiuterà ogni vittima dell'ingiustizia. Beato colui che si trarrà indietro dalla via del cambiamento e che cammina per le vie diritte. Beato chi semina i semi della giustizia, perché li mieterà al settuplo. Beato colui nel quale é la verità e (che) dice la verità al prossimo. Beato colui che ha sulle labbra la pietà e la dolcezza. Beato colui che comprenderà le opere del Signore e lo glorificherà e a causa delle sue opere riconoscerà l'artefice". Vangelo di Matteo 5:3- 10: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.” L’estensore del Vangelo di Matteo non seppe tuttavia rinunciare a deviare questa straordinaria testimonianza d’amore sul consueto sentiero della rassegnazione assecondante verso la perpetrazione dell’ingiustizia e dell’oppressione. Gli ultimi due versi, di seguito riportati, appaiono chiari più di una firma e non hanno, infatti, alcun riscontro né con il citato passo del libro di Enoch né, tantomeno, con il linguaggio e con il pensiero esseno al quale fu del tutto estranea l’idea di beatificare la soccombenza in terra in nome di un premio in cielo: Mt. 5:10-12 “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.”. Tali principi, che permeano la narrazione neotestamentaria, sono eventualmente ascrivibili al pensiero farisaico di Paolo di Tarso (individuo in carne ed ossa o ideologia che sia), e strumentali al progetto di potere e di asservimento dei popoli condotto in nome di Cristo e del Vangelo da tutti gli “imperi” del mondo, tra i quali quello romano fu soltanto il primo.

165) Mt. 10:34.