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Yeshua

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LA CROCE DI SPINE

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LA RESURREZIONE NEI VANGELI

 

I racconti degli Evangelisti sul “supremo” miracolo presentano “supreme” discordanze e pochi punti comuni.

Sono diversi, infatti, i testimoni, i ruoli degli stessi, le loro reazioni di fronte allo straordinario evento e le azioni poste in essere a seguito di questo (130). 

Matteo si riferisce a due donne e ad un angelo, Marco a tre donne e ad un uomo vestito di bianco, Luca alle donne venute dalla Galilea e a due uomini dalle vesti sfolgoranti mentre il quarto Evangelista alla sola Maria di Magdala ed a due angeli. 

Inoltre, Matteo e Marco riferiscono che gli angeli (o l’angelo) assegnano alle donne il compito di riportare il fatto agli apostoli, precisando che Gesù è risorto e che li precederà in Galilea; in Luca gli angeli rammentano alle donne che Gesù stesso aveva parlato della propria morte e resurrezione; per il quarto Evangelista Maria di Magdala (unica testimone) scambia Gesù per il giardiniere e riceve l’incarico di riferire ai discepoli che egli è in procinto di salire al padre. 

Secondo Marco, le donne erano troppo agitate per riferire la cosa a chicchessia, Matteo e Luca affermano, invece, che riferirono l’episodio agli apostoli e che inizialmente non furono credute.

Il quarto Evangelista, dopo il racconto delle donne, fa correre sul luogo il "discepolo che Gesù amava" e Pietro, mentre per Luca è solo Pietro che va a verificare l'accaduto.

I racconti riguardanti le successive apparizioni presentano, in maniera ancora più confusa, circostanze e testimoni diversi tra loro: secondo Luca Gesù appare ai pellegrini di Emmaus e agli undici (131) mentre, secondo il quarto Evangelista, ai discepoli per ben tre volte (132).

Paolo di Tarso infine, nella prima lettera ai Corinzi, parlò di un'apparizione “a più di cinquecento fratelli in una sola volta” (133).

Secondo Luca, Gesù risorto ed apparso tra gli increduli discepoli mangiò del pesce arrosto (134) per convincerli di quella sua umana "vitalità" che non è, invece, riscontrabile nella testimonianza del quarto Evangelista il quale, in sintonia con il tema ispiratore del suo Vangelo, sembra riferirsi ad una natura immateriale e spirituale.

Analoga confusione si registra sui luoghi delle apparizioni: Matteo parla solo della Galilea, Luca solo di Gerusalemme ed il quarto Evangelista di entrambe!

Marco e Luca, infine, fanno riferimento all'ascensione al cielo che appare anche negli Atti degli Apostoli (135) dove prima che essa avvenga, si verificano apparizioni protratte per quaranta giorni.

Nel "Vangelo di sintesi" creato dalla Chiesa, tutte le discordanze e le contraddizioni della parte conclusiva dei racconti evangelici vengono adattate, cesellate e logicizzate per confluire in un unica favola, apparentemente armonica e coerente.

Volendo, invece, tentare un esperimento metodologico forse non proprio scientifico ma almeno più selettivo, si può accreditare (per finzione) una certa attendibilità ai soli aspetti riferiti da tutti gli Evangelisti nella stessa maniera:

Dopo un solo giorno (o poco più) da quando Gesù fu deposto, il sepolcro apparve vuoto a Maria di Magdala (sempre presente) che ricevette l'incarico da un personaggio (angelo/Gesù stesso) di riferire l'evento agli apostoli.

Il seguito, può far sorridere, ma non è che la sintesi di un tentativo di composizione testuale che, condotto su un criterio meno “accomodante” di quello seguito dalla Chiesa, denuncia l’assoluta inattendibilità e inconsistenza logica dei fatti, da millenni posti a base della fede cristiana come reali e indiscutibili:

Successivamente Gesù appare ma non si può essere certi su chi lo vide, quando e dove fu visto, com’era quando fu visto, cosa fece chi l’ha visto, cosa fece e disse lui e dove andò dopo!

Nel presentare le conclusioni di questo nostro semplice e breve esercizio letterario, ci troviamo a passare repentinamente dall’ilarità alla tristezza, pensando alla disarmante ingenuità con la quale, ancora ai nostri tempi, personalità illustri appartenenti al mondo della cultura quali interpreti, critici testuali, esegeti, teologi, filosofi, storici delle religioni, tutti più o meno accademici, possano considerare le narrazioni neotestamentarie come fonti storicamente attendibili!

Ma se i pazzi siamo noi, fortunatamente siamo in buona compagnia!

Facciamo un esempio. Pepe Rodriguez nella sua opera Verità e menzogne della Chiesa cattolica (136) afferma, con lucidità e spirito critico, che se le dichiarazioni degli Evangelisti "fossero presentate davanti a qualsiasi tribunale di giustizia, nessun giudice potrebbe accettare queste testimonianze come base probatoria esclusiva per emettere sentenza. È sufficiente confrontare tutti i testi per rendersi conto della fragilità della loro struttura interna, e perciò, della loro scarsa affidabilità".