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Yeshua

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LA CROCE DI SPINE

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LA “CARRIERA” DI MARIA

 

L’idea della perenne verginità di Maria non appartenne alle prime comunità cristiane. Il Vangelo di Marco, ad esempio, non ne fa menzione affatto.

Tale idea, peraltro, è assolutamente inconciliabile con l’esistenza di fratelli e sorelle di Gesù, invece attestata nei Vangeli di Marco, Matteo e Giovanni, ai quali la Chiesa si sforza di riconoscere la qualità di “cugini”(7).

Infatti l’inaccettabilità, secondo la Chiesa, dell’esistenza dei fratelli è conseguenza diretta del perenne stato virginale di Maria, derivato, a sua volta, da una forzatura terminologica (nata da un voluto errore di traduzione del termine “almah”) dettata da esigenze di armonizzazione con l’artificioso “castello” teologico trinitario, e con la natura divina di Cristo visto come “generato” direttamente da Dio per opera dello Spirito Santo (8).

La storia del dogma iniziò con Giovanni d’Antiochia (detto Crisostomo) che, sul finire del IV secolo teorizzò la sempiterna verginità di Maria ante, in e post partum, dogma che trovò una formale proclamazione nel concilio di Costantinopoli del 533, mentre la “maternità divina”, già introdotta dal concilio di Nicea (325 d.c.), aveva precedentemente trovato una compiuta formulazione dogmatica nel concilio di Efeso (431), in contrapposizione all’eresia nestoriana (9).

Nel V secolo, a partire dalla traduzione della Vulgata, venne riprodotto il passo di Luca (10) nel quale l'angelo Gabriele dice: "Ti saluto o piena di grazia, il Signore è con te...", quando in realtà la traduzione corretta sarebbe: "Ti saluto favorita dalla grazia, il Signore sia con te" (10).

Leggendo, poi, l'intero racconto dell'annunciazione, non troviamo assolutamente alcuna traccia di un possibile concepimento "senza peccato" (concepirai un figlio, ... lo Spirito Santo scenderà su di te, ... colui che nascerà sarà dunque santo).

La stessa Maria, peraltro, non sembra avere alcuna consapevolezza di questo suo "primato mondiale", tanto è vero che, convinta di essere portatrice di "macchia" come tutte le partorienti appartenenti al genere umano femminile, stando al Vangelo di Luca, dopo la nascita di Gesù si reca al tempio e, come prevedeva la legge di Mosè, offre il suo sacrificio espiatorio (stando al Vangelo di Luca).

Nell’opera “Inchiesta su Gesù” M. Pesce, che risponde ad una domanda di C. Augias sul bisogno che aveva Maria di essere purificata, dal momento che il suo era stato un parto virginale, afferma che l’Evangelista Luca “non si è reso conto della contraddizione tra l’esigenza di dimostrare l’osservanza delle norme, da parte della famiglia di Gesù, con la sottoposizione al rito purificatorio e l’inutilità della purificazione stessa, visto che il parto era avvenuto senza spargimento di sangue”.

La contraddizione sarebbe poi balzata agli occhi dei successivi copisti, i quali aggiunsero precisazioni diverse ma comunque vaghe e non esaustive.

La conclusione alla quale perviene Pesce è assolutamente aberrante: “Questo è il senso del testo; leggerlo come se fosse una documentazione storica e chiedergli di seguire una logica non è lecito” (11) !

Ancora una volta di fronte agli “asini che volano” l’invito è quello a credere senza pensare, guardare senza vedere, accettare e non domandare!

 

Nell'intero corpus neotestamentario, Maria è nominata soltanto 18 volte (12 delle quali nel solo Vangelo di Luca) contro le 25 di Maria Maddalena!

Restringendo poi la ricerca ai soli brani che appaiono nei più antichi frammenti papiracei conosciuti (antecedenti al Codex Vaticanus e a quello Sinaiticus, entrambi del IV secolo), si incontra il nome di Maria soltanto 5 volte in frammenti databili al III secolo (secondo le indagini paleografiche) mentre nessuna menzione di esso appare nei pochissimi frammenti datati al II secolo (12).

Nel Vangelo di Marco, Maria è nominata una sola volta mentre in quello di Giovanni addirittura non è mai nominata (tutte le volte che appare nel corso di una narrazione, è riferita a Gesù come “sua madre”).

Da nessuna parte vi è il benchè minimo accenno alla sua verginità perpetua.

Considerando per un verso la maestosità del ruolo che la dottrina cristiana assegna alla “Madre di Dio”, e per l’altro l’imbarazzante commiserazione con la quale volge sfuggenti sguardi alla penitente Maddalena, si giunge ad una conclusione sconcertante: l’applicazione della statistica ai racconti neotestamentari, restituisce risultati più che inversamente proporzionali alla santità, confermando l’evidente priorità del nome della Maddalena su quello della Madonna!

Fino al V secolo, Maria non trovava posto nemmeno nell’elenco dei santi chiamati per nome nelle orazioni liturgiche, mentre la prima chiesa a lei dedicata, fu costruita soltanto nel IV secolo.

Perfino l’etimologia del nome di Maria è incerta: alcuni filologi ritengono che provenga dall’aramico “marè” che sta per “signora” (13).

Come accennato, la vera spinta iniziale verso il culto mariano la diede il Concilio di Efeso soltanto nel 431 e, in particolare, Cirillo d'Alessandria che fece in modo di definirla "madre di Dio", adoperandosi con ogni mezzo (lecito e illecito) per la promulgazione del dogma della maternità divina.

Esiste addirittura un elenco di regali (eulogias) che lo stesso distribuì ad alti funzionari imperiali per ingraziarsene i favori, allo scopo di evitare il suo arresto, legittimare il Concilio contro un altro di orientamento nestoriano in contemporaneo svolgimento e, soprattutto, ottenere il riconoscimento del dogma al quale teneva tanto.

A menzionare i regali, uno per uno, è una lettera di Epifanio, arcidiacono e segretario di Cirillo, destinata al patriarca di Costantinopoli Massimiano (14).

Nei secoli successivi la “madre di Dio” crebbe esponenzialmente in termini di venerazione e popolarità, conquistando la fede di molti autorevoli padri della Chiesa quali San Bernardo, Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino, Sant'Antonio ed i papi Leone I, Gelasio e Innocenzo III e propiziando una proliferazione enorme di opere d’arte, chiese, ordini religiosi, letteratura sacra, preghiere, e miracoli a base di apparizioni, guarigioni, sogni premonitori, profezie, lacrimazioni di statue, dipinti e mille altre manifestazioni verosimilmente indotte dalla suggestione, individuale o collettiva, di carattere mistico.

 

Non esiste, tuttavia, carriera al mondo che si compia in un sol colpo… ed anche Maria dovette attendere altri quattordici secoli prima di vedersi riconoscere l’”assenza di macchia” da peccato originale da Pio IX che, l’8 dicembre 1854, proclamò il dogma dell’ ”Immacolata Concezione”.

 

Per la vita di una creatura così unica da essere, oltre che madre di Dio e vergine, anche priva di un peccato impietosamente accollato a ciascun individuo appartenente al genere umano, non poteva che essere previsto un epilogo unico: dopo altri 104 anni, soltanto nel 1950 (praticamente ieri), Pio XII nel pieno delle sue funzioni "infallibili" di "successore di Pietro”, proclamò il dogma della sua assunzione in cielo:

 

"Per l'autorità di Gesù Cristo nostro Signore dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e per la nostra propria, si dichiara, promulga e definisce dogma divinamente rivelato: che l'Immacolata madre di Dio, Maria sempre vergine, finita la sua vita terrena, fu innalzata alla gloria celestiale in corpo e anima. Perciò se qualcuno ha il coraggio (Dio non lo voglia) di negare in modo volontario o di dubitare di ciò che è stato da noi definito, sappia che ha messo in gioco per intero la sua fede divina e cattolica".

 

Da notare che quando Pio XII (che parlò a nome di Pietro e Paolo) asserì "infallibilmente" questa verità rivelata (da chi... visto che gli stessi Vangeli non ne sanno nulla?) in cielo volavano già gli aerei, qualcuno pensava alle prime missioni spaziali, da un capo all'altro del mondo si parlava con il telefono, in America già esisteva la televisione e quattro anni dopo arrivava in Italia.

Eppure fu creduto e, cosa più grave, lo è ancora!

Ai giorni nostri sembra quasi che Maria abbia raggiunto un livello di "deificazione" superiore a quello dello stesso Gesù. Ciò che desta meraviglia, oltre all’ingenuità delle folle che riconoscono ancora verità e autorità a proclamazioni che sembrano estratte da epopee fiabesche e saghe dell’inverosimile, è la comune idea dell’immutabilità (garanzia di verità) della fede.

Ciò porta a ritenere certi dogmi e certe verità esistenti da sempre, mentre essi ancora oggi, dopo duemila anni, non sono che il frutto di un”divenire” indotto da esigenze ben diverse e lontane dalla verità.

Nella fede cristiana, più che nelle altre, non c’è una corretta percezione della dimensione temporale, e le verità “del momento” vengono credute come esistenti nelle medesime forma e sostanza da sempre.

In altre parole, il fedele osservante del ventunesimo secolo non pensa all’attuale immagine di Maria come al risultato di una incessante ed esaltante metamorfosi, ma, al contrario, egli pensa che la stessa sia stata considerata da tutti e da sempre come “Madre di Dio”, nata senza macchia, vergine sempiterna e ascesa al cielo dopo la morte: praticamente una creatura divina, una sorta di “quarta persona” trinitaria, praticamente pari in dignità e divinità alle altre tre.

Torneremo ancora sulla verginità perpetua di Maria quando, tracciando i paralleli con gli altri antichi culti, dimostreremo quanto sia falsa l’idea che le qualità ascritte alla “Madre di Dio” costituiscano prerogative uniche ed esclusive della stessa.